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Rischio e Pericolo: definizione e differenze

Rischio e pericolo: due facce della stessa medaglia

Spesso termini come rischio e pericolo vengono usati in modo inappropriato come se fossero due sinonimi, cioè due parole che indicano la stessa idea. In realtà rischio e pericolo sono due concetti molto differenti tra loro. Il pericolo infatti si riferisce a una qualità intrinseca di un determinato fattore che ha il potenziale di causare un danno. Il rischio invece è una nozione che si riferisce alla probabilità che questo possibile danno si verifichi.
Il rischio quindi si riferisce prettamente a un concetto teorico di probabilità di un danno causato da una fonte di pericolo.
Se nella quotidianità conoscere la differenza tra questi due termini può non essere rilevante non vale lo stesso in ambito lavorativo, in particolare nel momento in cui si procede alla messa in atto di tutte le operazioni relative alla sicurezza sul lavoro.
Una precisa valutazione dei rischi causati dalle varie sorgenti di pericolo presenti sul luogo di lavoro permette di stabilire tutte le misure di prevenzione e protezione specifiche da adottare per i lavoratori.
Per questo è importante che il datore di lavoro rediga il documento di valutazione dei rischi sulla base delle norme aggiornate e attualmente in vigore.

Qual è nello specifico la differenza tra rischio e pericolo?

Il decreto legislativo n.81/08 fornisce un vero e proprio Codice della salute e della sicurezza sul lavoro, e inserisce all’art. 2 lettera s ed r la definizione specifica di rischio e pericolo:

    • rischio: “probabilità che si verifichi un danno a causa dell’impiego o dell’esposizione ad un determinato fattore o agente”. Il rischio quindi indica semplicemente la probabilità che avvenga un evento tale da provocare un danno. Quest’ultimo può essere causato da una serie di cause (comportamenti umani, elementi tecnologici o organizzativi,…);
    • pericolo: “proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni”. Quando si parla di pericolo quindi si è in presenza di elementi che possono causare un potenziale danno. Il pericolo può essere di diversa natura, da una sostanza, a una strumentazione particolare o a un tipo di attività lavorativa.
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Quando si parla di rischio e pericolo è impossibile non citare anche il concetto di danno, ovvero qualunque tipo di conseguenza negativa che si può verificare a causa di un accadimento e che può essere più o meno grave.

Come si calcola il fattore di rischio?

La normativa non indica un metodo preciso perché questo calcolo potrebbe variare in base alla tipologia di attività produttiva. Il criterio adottato generalmente prevede l’utilizzo di parametri legati alla probabilità e alla gravità degli eventi collegati al rischio che si sta analizzando.
Questo metodo viene definito metodo a matrici, il rischio (rappresentato dal simbolo R) viene calcolato tramite la funzione: R = P × G. Il simbolo P indica la probabilità che un evento si verifichi, mentre G la gravità del danno collegato a quell’evento. Altri esperti invece suggeriscono di calcolare il rischio tenendo in considerazione anche del fattore di esposizione al rischio, rappresentato dalla lettera F che indica la frequenza con cui i lavoratori possono essere esposti al pericolo in oggetto (R = P x G x F). Per assegnare un valore ai fattori P e G ci si riferisce a dei criteri semi quantitativi, nello specifico per quanto riguarda la gravità del danno (G):

    • valore 4 (molto grave): la situazione analizzata può causare danni estremamente gravi, con conseguenze negative permanenti o letali, comportando una riduzione definitiva della capacità lavorativa, fino ad arrivare alla totale inabilità o perfino alla morte del lavoratore;
    • valore 3 (grave): la situazione presa in esame può causare danni sia temporanei che permanenti piuttosto gravi, come infortuni invalidanti o problemi di salute reversibili o irreversibili, causando un’importante riduzione delle capacità lavorative;
    • valore 2 (medio): la situazione in oggetto può causare danni temporanei non molto gravi, che consentono una ripresa dell’attività lavorativa dopo pochi giorni;
    • valore 1 (lieve): la situazione rilevata può causare danni di minima gravità, che non comportano l’abbandono dell’attività lavorativa.

Per quanto riguarda invece la probabilità che un evento si verifichi (P), la scala prevede:

    • valore 4 (altamente probabile): la situazione analizzata è strettamente collegata al verificarsi del danno;
    • valore 3 (probabile): la situazione in oggetto può causare direttamente danni;
    • valore 2 (poco probabile): la situazione rilevata può provocare danni se collegata con il verificarsi in contemporanea di altre circostanze;
    • valore 1 (improbabile): la situazione considerata è poco probabile sulla base delle situazioni che si sono già verificate. Il suo avvenimento è collegato al verificarsi in contemporanea di altri eventi poco probabili.
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Quali tipologie di rischio esistono sul luogo di lavoro?

I rischi sul luogo di lavoro si classificano generalmente in 3 macro categorie:

    • rischi per la sicurezza: vengono anche definiti come rischi di natura infortunistica, i fattori causali sono solitamente l’uso di macchinari o apparecchiature, sostanze nocive, o deficit dal punto di vista strutturale. Questa tipologia di rischi comporta incidenti o infortuni a carico dei lavoratori che possono essere di diversa gravità;
    • rischi per la salute: denominati anche rischi igienico-ambientali, vengono causati dalla presenza di agenti chimici, fisici o biologici con cui i dipendenti possono entrare in contatto o a cui possono essere esposti. Questo tipo di rischio comporta l’insorgere di malattie professionali che possono progredire nel tempo;
    • rischi organizzativi e psicosociali: definiti anche come rischi trasversali, sono causati da fattori meno percepibili come orario di lavoro stressante, mobbing, attività ripetitive, scarsa o cattiva comunicazione aziendale. Questa categoria di rischi possono causare nel soggetto la nascita di un forte stato di stress e generale disagio e malessere.

Perché è importante effettuare una corretta valutazione dei rischi?

valutazione dei rischi

Effettuare una corretta valutazione dei rischi presenti sul posto di lavoro è indispensabile per individuare e mettere in pratica in modo rapido e efficace le dovute misure di prevenzione e protezione specifiche così da migliorare il livello di salute e sicurezza dei lavoratori.
Tale valutazione si effettua analizzando più aspetti, tra i più importanti vi sono:

    • tipologia di strumentazione e sostanza utilizzate;
    • organizzazione del luogo di lavoro;
    • rischi per la salute e la sicurezza dei dipendenti.

Una volta completata questa diagnosi il risultato dovrà essere trascritto in un documento definito di valutazione dei rischi (DVR), che il datore di lavoro ha il compito di redigere con l’aiuto del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico preposto, entro 3 mesi dall’inizio dell’attività professionale.
Il documento di valutazione dei rischi deve essere redatto obbligatoriamente da qualunque tipo di azienda, di qualsiasi settore, che abbia almeno un lavoratore dipendente.

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Quali aspetti è necessario indicare in un corretto documento di valutazione dei rischi?


Anche in questo caso il testo unico per la salute e la sicurezza sul lavoro (decreto legislativo 81/2008) offre indicazioni specifiche per quanto riguarda questo ambito. In particolare all’art. 28 comma 2 vengono elencate una serie di informazioni che il documento di valutazione dei rischi deve contenere obbligatoriamente, tra cui:

    • dati di identificazione dell’azienda (come per esempio ragione sociale, sede, numero di lavoratori,…);
    • l’organigramma del sistema organizzativo del servizio di prevenzione e protezione ( dovrà quindi essere indicato il responsabile del servizio, il medico preposto, il rappresentante dei dipendenti in merito alla sicurezza, i responsabili della gestione delle situazioni di emergenza);
    • una descrizione accurata del posto di lavoro e dei vari settori produttivi;
    • una valutazione specifica dei diversi rischi in merito alla salute e alla sicurezza che possono verificarsi nelle varie fasi di lavoro;
    • la spiegazione delle varie misure di protezione e prevenzione messe in atto;
    • i dispositivi di protezione individuale (denominati DPI) utilizzati e le procedure attuate;
    • il programma di formazione e addestramento organizzati per i dipendenti in ambito di prevenzione dei rischi e sicurezza sul luogo di lavoro;
    • la firma del datore di lavoro e di tutti i soggetti coinvolti in questo ambito.

La normativa prevede inoltre che il documento di valutazione dei rischi sia aggiornato se:

    • avvengono modifiche delle attività produttive o dell’organizzazione del lavoro che possono essere di rilievo per quanto riguarda l’aspetto della salute e della sicurezza dei dipendenti;
    • se si verificano infortuni gravi, che quindi evidenziano una carenza della sicurezza sul luogo di lavoro;
    • se sopravvengono evoluzioni delle modalità di prevenzione e protezione sulla base del lavoro di sorveglianza sanitaria.

 

Quali sono le conseguenze di un documento di valutazione dei rischi incompleto o assente?

La normativa è molto severa nei casi in cui il datore di lavoro non provveda a redigere un documento di valutazione dei rischi in modo attento in tutte le sue parti o se addirittura non lo compili affatto. Sono previste infatti sanzioni come l’arresto o l’ammenda a carico del responsabile e perfino la sospensione dell’attività aziendale. Sono stabilite anche sanzioni nel caso in cui il documento di valutazione dei rischi non venga aggiornato sulla base dei vari casi in cui è previsto per legge o non vengano modificate le misure di prevenzione se sopraggiungono cambiamenti organizzativi e produttivi importanti per quanto riguarda l’ambito della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro.